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Copertina di un libro con titolo "Parlami di cose altre" di Massimo Rigato, pubblicato da Campanotto Editore Poesia, con prefazione di Dionisio Gavagnin.

“Parlami di cose altre”

Parlami di cose altre è una raccolta poetica che scardina i cardini del realismo e si inoltra nei territori di un lirismo cosmico, dirompente e visionario. In questo libro, Rigato non scrive poesie: attraversa orbite. Canta l’erranza dei corpi, la fragilità della materia, il silenzio che pulsa dietro la forma.

Diviso in quadri lirici, visioni urbane e cosmologiche, il testo è un viaggio denso e rarefatto tra memoria, identità sfaldate, geografie interiori e disgregazioni quantistiche. I versi si muovono in bilico tra il gesto dell’umano e il respiro delle galassie, in una danza che dissolve il confine tra io e mondo.

Ci troviamo di fronte ad una prova poetica intensa, spiazzante, fuori dagli schemi — e proprio per questo necessaria. La scrittura di Rigato è ermetica, ma mai criptica: custodisce il mistero senza escludere il lettore, lo invita invece a diventare pellegrino e a perdersi.

La lingua è precisa e affilata come un bisturi ontologico. I suoi versi non indulgono nella retorica, ma si aprono in immagini folgoranti, giocate sul crinale tra fisica teorica e tensione mistica, tra favelas brasiliane e costellazioni extrasolari, tra Istanbul e il Tao.

In un panorama poetico spesso irrigidito tra due poli — il diarismo e il postmodernismo sterile — Rigato incarna una terza via: la poesia come rivelazione. Con un lessico che mescola astronomia, filosofia, spiritualità e geografia concreta, compone una vera e propria “cartografia dell’altrove”.

La sua è una voce decisa, colta, ma mai fredda: un battito vivo e spezzato, che si nutre di una musicalità interna potente e di una visione ampia e radicale dell’essere.

Questo libro non chiede di essere compreso. Chiede di essere vissuto. Come un’eclissi, un battito cosmico o una mappa disegnata in sogno: Parlami di cose altre è un invito all’altrove.